Corte Ue: no al crocifisso in classe.
Fini: "La laicità delle istituzioni non neghi ruolo del cristianesimo"
Strasburgo - (Adnkronos) - Il Tribunale europeo per i diritti dell'uomo dà ragione al ricorso presentato da un'italiana di origine finlandese. Il Vaticano: "Stiamo valutando la sentenza". Il governo annuncia ricorso. Gelmini: "Non si cancellano le tradizioni". Alemanno: "Esterrefatto, sentenza folle". Il Vaticano: ''No all'emarginazione dell'insegnamento della religione''. La Cei contro il Tar: "L'ora di religione fa parte della cultura italiana''
Strasburgo, 3 nov. - (Adnkronos) - No al crocifisso nelle aule scolastiche. La Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo, esaminando il ricorso presentato dalla signora Soile Lautsi, di Abano Teme, ha stabilito che l'esposizione del crocifisso in classe "e' contraria al diritto dei genitori di educare i figli in linea con le loro convinzioni e con il diritto dei bambini alla liberta' di religione".
"La presenza del crocifisso, che e' impossibile non notare nelle aule scolastische - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le eta' come un simbolo religioso, che avvertirebbero cosi' di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo, proseguono, "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei".
Ancora, la Corte "non e' in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che puo' essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che e' essenziale per la conservazione di una 'societa' democratica' cosi' come e' stata concepita dalla Convenzione (europea dei diritti umani, ndr), un pluralismo che e' riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana".
"L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorita' pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformita' con le proprie convinzioni - concludono i giudici della Corte europea dei diritti umani - e il diritto dei bambini di credere o non credere. La Corte, all'unanimita', ha stabilito che c'e' stata una violazione dell'articolo 2 del Protocollo 1 insieme all'articolo 9 della Convenzione".
Il ricorso a Strasburgo era stato presentato il 27 luglio del 2006 da Solie Lautsi, moglie finlandese di un cittadino italiano e madre di Dataico e Sami Albertin, rispettivamente 11 e 13 anni, che nel 2001-2002 frequentavano l'Istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre. Secondo la donna, l'esposizione del crocifisso sul muro e' contraria ai principi del secolarismo cui voleva fossero educati i suoi figli.
Dopo aver informato la scuola della sua posizione, la Lautsi, nel luglio del 2002, si e' rivolta al Tar del Veneto, che nel gennaio del 2004 ha consentito che il ricorso presentato dalla donna venisse inviato alla Corte Costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo e' quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso e' il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identita' del Paese, ed e' il simbolo dei principi di eguaglianza, liberta' e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione.
Di qui la decisione della donna di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo. I sette giudici autori della sentenza sono: Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajo' (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).
Prudente il primo commento che giunge dal Vaticano. ''Dobbiamo ancora valutare bene la cosa, dobbiamo almeno leggere la sentenza'' spiega il direttore della Sala stampa della Santa Sede.
A sbilanciarsi invece è monsignor Antonio Maria Veglio: "Questa sentenza mi da' fastidio'', perche' cerca di imporre ''che si tolga il crocefisso dalle scuole. Di questo passo non so dove andremo a finire'.
Decisa e immediata invece la reazione del ministro dell'Istruzione, mentre il governo annuncia che presenterà ricorso. Per Mariastella Gelmini "la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma e' un simbolo della nostra tradizione. La storia d'Italia passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi''.
''Nel nostro Paese - sottolinea - nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso. E' altrettanto vero che nessuno, nemmeno qualche corte europea ideologizzata, riuscira' a cancellare la nostra identita'''.
''La nostra Costituzione inoltre - evidenzia il Ministro - riconosce, giustamente, un valore particolare alla religione cattolica. Non vorrei che alcune norme a cui si rifanno i giudici della Corte di Strasburgo fossero in contrasto con il nostro dettato costituzionale. Non e' eliminando le tradizioni dei singoli paesi che si costruisce un'Europa unita, bisogna anzi valorizzare la storia delle nazioni che la compongono. Per questi motivi - conclude - secondo me il crocifisso rappresenta l'Italia e difenderne la presenza nelle scuole significa difendere la nostra tradizione''.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini chiarisce che bisognera' attendere le motivazioni della sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, "ma fin d'ora mi auguro non venga salutata come giusta affermazione della laicita' delle istituzioni, che e' valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo piu' deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella societa' e nella identita' italiana''.
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno si dice "esterrefatto di questa sentenza che considero folle. Mi auguro che il governo italiano reagisca con la massima durezza".
Per il ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi, la sentenza di Strasburgo "rappresenta una forzatura che disorienta e preoccupa'. Non e' certo attraverso decisioni di questo tipo che si puo' pretendere di riavvicinare l'Europa ai suoi cittadini''.
Critiche anche dal ministro per la Semplificazione normativa e coordinatore delle segreterie della Lega, Roberto Calderoli secondo cui "la Corte europea ha calpestato i nostri diritti, la nostra cultura, la nostra storia, le nostre tradizioni e i nostri valori. In ogni caso i crocifissi da noi resteranno sulle pareti delle nostre scuole, dove sono sempre stati, cosi' come continueremo ad avere i presepi o a festeggiare il Natale. Siamo orgogliosi di questi nostri simboli e del loro significato e fanno parte di ognuno di noi".
Sinistra ed atei plaudono invece alla sentenza. ''E' un grande giorno per la laicita' italiana'' afferma Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Uaar, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti . ''Siamo dovuti ricorrere all'Europa per avere ragione ma finalmente la laicita' dello Stato italiano, affermata da tutti a parole, trova conferma in un provvedimento epocale''. Gli alunni potranno finalmente studiare in una classe priva di simboli religiosi - prosegue Carcano - Perche' la scuola e' laica, cioe' di tutti: credenti e non credenti. Ed e' assurdo che bambini anche di pochi anni siano costretti a subire l'inevitabile condizionamento indotto dalla presenza del simbolo di una sola confessione religiosa''.
La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo e' un forte monito per riaffermare il valore della laicita' della scuola e dello Stato, quale garanzia primaria della parita' dei diritti e della convivenza civile in una societa' multietnica e multiculturale come la nostra" afferma infine Piergiorgio Bergonzi, responsabile Scuola del Pdci - Federazione della Sinsitra.
Saranno comunisti anche i giudici della Corte UE?

Tornando seri: era ora cazzo!