
1. "Les Malheurs" - 5:02
2. "Victorious Cupid" - 3:39
3. "I) Keep Me Sane/Insane" - 0:55
4. "II) Apogee III) Requiem For The Lovers" - 5:22
5. "Deus Ex Machina" - 5:40
6. "Bloodless" - 4:55
7. "Disconnect" - 5:54
8. "The Gloaming" - 9:10
9. "AVO" - 4:47
Avevo detto che lo avrei fatto. Però resto prolissa, cazzi vostri

Premetto che non sono una fan sfegatata del suono dei sintetizzatori, né delle voci iper effettate, ma ritenevo che i Pure Reason Revolution ne facessero un uso ad hoc (in The Dark Third), che le varie componenti musicali fossero equilibrate fra loro e che sebbene talvolta il ricorso alla sintesi fosse notevole, questo costituisse il loro punto di forza. Aggiungo anche, per onore di cronaca, che The Dark Third mi ha conquistata per sfinimento, ho ascoltato l'album numerose volte prima di arrivare al punto di non ritorno. Ora me lo porto dietro tipo seconda pelle.
Non stupisce, quindi, che quasi ad occhi chiusi io abbia messo mano sulla seconda opera del gruppo: Amor Vincit Omnia.
E ci sono rimasta male. Lo dico subito. Ma dico anche subito che il mio giudizio è leggermente cambiato a forza di obbligarmi ad ascoltarlo. Ma è semplicemente a causa del fatto che anche alla puzza di merda ci si abitua.
Il primo pezzo (Les malheurs - e aggiungerei che malheur!) mette subito in chiaro il ricorso massiccio all'elettronica, di cui troveremo impronte lungo tutto l'album. Della serie: beccatevi sta dose di bz bz subito e non dite che non vi abbiamo avvertito. Per essere onesti, sono onesti. La voce è l'elemento che permette di riconoscere questo pezzo come prodotto dei PRR. Stesso timbro, stessi effetti, stessa alternanza voce maschile/femminile. La melodia del cantato resta buona, e si avvale del fraseggio continuo che mi aveva sedotto nel primo album.
Purtroppo, mi da l'impressione di qualcosa di estremamente sfuggente, o sconclusionato, al limite. Ascoltandolo la prima volta mi sono chiesta dove volessero andare a parare. Mi sembra forzato e dopo un po' la formula in crescendo che caratterizza parecchi dei loro pezzi mi stufa, perché è previsibile. Ed è strano perché pensavo fosse la cosa che apprezzavo di più nell'album precedente. Ne deduco che continuare a far paragoni con TDT (permettetemi l'abbreviazione) non è cosa buona e giusta.
In ogni caso la voce è veramente l'unica cosa che tiene questo pezzo in piedi. E per me non basta per dire Ah che bel pezzo, anzi. Quindi a metà, sistematicamente, smetto di ascoltare. Ciao. Adieu. Mi hanno perso.
Se però perdono la mia attenzione verso la metà de Les Malheurs la recuperano subito con Victorious Cupid, segnando un pezzo che mi ricorda del perché vado in giro consigliando ascolti dei Pure Reason Revolution. Faccio salti sul posto e mi godo l'efficacia di un pezzo forte e incisivo. Mi riconosco una certa clemenza, a conti fatti, considerato lo shock che ho subito ascoltando sti Malheurs. Una sensazione di malessere mi pervade, però, a causa della presenza sempre più prezzemolina (e ripetitiva) della voce, e continua fino alla metà dell'Apogee. Faccio il tifo per lo strumento, il sintetizzatore, invoco una pausa per la sua/loro ugola o per le mie orecchie. Invece niente, la musica torna a navigare nel limbo del loop sintetizzato ed è la voce a riprendere il comando melodico fino a (alleluja) un piccolo exploit ritmico, che ci mancava da morire, (mio dio una batteria o qualcosa che le somiglia! m'è sembrata acqua nel deserto) verso la fine della trilogia (Requiem for the lovers).
Il resto dell'album continua a sconcertarmi e a darmi speranze subito dopo smontate dai ricorsi sistematici all'overdose di suoni/rumori/effetti/voci. Fino a metà album. Poi a partire da Bloodless il tutto è più trattenuto, si ritrova una certa quiete (ora va a capire se è concettualizzata nell'album o ce l'ho vista solo io) caratterizzata da loop tipici dell'elettronica moderna ma non troppo, che alla lunga diventano più o meno snervanti, e suonini paraculi. Come a dire ecco, ora il passaggio è fatto. Siamo dall'altra parte della sponda di non so quale fiume, ci vediamo alla prossima. Non ho dubbi nel dire che quello è un fiume che personalmente non ho alcuna intenzione di attraversare.
Un giudizio globale: Sembra un'opera grezza, stranamente, goffa. Sembra che questi figuri abbiano messo mano a un mare di colori fichissimi ed abbiano voluto piazzarli tutti sulla stessa tela. Ne risulta qualcosa di audace, senza dubbio, ma di sfuocato, di difficile comprensione. Forse un po' troppo cerebrotico.
La mia critica deve sicuramente la sua ragion d'essere all'accostamento con The Dark Third che non riesco a lasciarmi dietro alle mie spalle, come visibilmente sono riusciti a far loro.
Quello che ha di positivo, è che non è e non sarà mai, un album banale. L'impiego dell'elettronica resta originale e pieno di spunti che rimandano al loro passato progrock. Non so, a me non ha affascinato, anzi. Ma in certe cose sono estremamente esigente. Quindi gli do un 5/10 conscia che se l'elettronica fosse il mio genere di predilezione andrei a casa loro in ginocchio sui ceci e scriverei La Mecca sul campanello sotto ai loro nomi.
Però ecco. 5/10 è la metà. Se uno fa la media, al 9 che avevo dato loro nel 2006, scappa fuori un bel 7. Mica male per una nanocarriera.