
1. I Am Hell (Sonata in C#)
2. Be Still and Know
3. Locust
4. This Is the End
5. Darkness Within
6. Pearls Before the Swine
7. Who We Are
Uno degli album più attesi dell'anno. Più attesi o più temuti, a seconda di come la si vede. Perché dai Machine Head non sai mai cosa aspettarti, nel bene e nel male.
Ecco, questo disco si colloca decisamente più verso il male. Ma soprattutto lascia trasparire una sorta di stato confusionale da parte di una band che non sembra avere le idee molto chiare di dove andare a parare.
Insomma, non è un mistero che dopo i primi due splendidi album i MH siano diventati piuttosto paraculi, non disdegnando di saltabeccare qua e là tra vari stili musicali per inseguire i gusti della gente. Per carità, non c'è niente di male a strizzare l'occhio ad un certo uditorio, ad una certa tipologia di ascoltatori. Solo che in questo album Flynn e soci di occhi ne hanno strizzati così tanti che non sarebbero bastati quelli di Argo.
Allora, han preso qualche riff thrash dritto dritto e assolutamente standard (la strofa dei primi tre pezzi) per intercettare i gusti dei thrashers;
poi, visto che coverizzare Hallowed Be Thy Name gli è piaciuto taaaanto, hanno sparso in giro twin guitars maideniane a profusione (ovunque) e giusto un pelo di - occazzo, ebbene sì - Manowar (il ritornellone epico dell'ultima), ad uso e consumo dei metallari "classici" (oh, boia, l'attacco di Be Still And Know sembra il giro di Wasted Years fatto in ternario!);
poi, visto che il metalcore tira, a beneficio degli aficionados han tirato giù un paio di riffs scopiazzati da quelli che copiano le brutte copie degli At The Gates (This Is The End e Pearls Before The Swine);
per i loro vecchi fans, han spolverato il tutto con qualche break scapoccione qua e là (giusto perché, per contratto, in un pezzo dei MH un break scapoccione non può mancare);
e infine, tanto per non far torto a nessuno, hanno infilato quasi in ogni singolo pezzo un bel ritornellino smielato in clean vocals.
Ma non solo: i MH hanno pensato pure ai bambini! Un po' come il McDonald's con l'Happy Meal!
Darkness Within è una delle canzoni più ggggiovani che abbia mai sentito in vita mia, sin da quando parte con la prima strofa in acustico e la voce un'ottava sotto, per poi ripetere il tutto in distorto e diventare pesante, ma tanto pesante, QUASI quanto un pezzo dei Linkin Park, però c'è anche tanta tanta emozione col ritornello tanto tanto dolce, proprio come un pezzo dei Linkin Park, e anche il testo è tanto tanto emozionante, tipo che anche se in te ci sta il buio nn aver paura perke LA MUSIKA TI SALVERA!!1! Sì, proprio tipo i Linkin Park.
Insomma, roba da gggiovani. Una canzone coi brufoli. Lo si potrebbe quasi definire "Moccia-metal".
Insomma: i chitarroni come martelli da dieci tonnellate (cit.) e le grandiose architetture di thrash moderno hanno lasciato il posto a un'accozzaglia di stili inconciliabili e di riffs stereotipati, attaccati l'un l'altro alla cazzo e conditi da una stucchevole piacioneria. Un album che vorrebbe essere eclettico, e che invece pare rappresentare un gruppo in crisi di identità. Solo il primo pezzo si salva appena, se non altro per un ottimo attacco.
Concludendo, il succo del discorso è questo: può un disco piacere contemporaneamente ai vecchi fans dei Machine Head E ai thrashers old school E agli appassionati di heavy metal vecchia maniera E ai metalcorers E magari pure a qualche emo?
Non so. Ne dubito parecchio, ma non so.
Quel che so è che, sicuramente, questo Unto The Locust NON può.