1. Mirrors
2. Obfuscation
3. Disease, Injury, Madness
4. Fossil Genera - A Feed from Cloud Mountain
5. Desert of Song
6. Swim to the Moon
Dopo una strepitosa crescita che li ha portati a migliorarsi costantemente album dopo album, i BtBaM hanno riscosso consensi ed una discreta notorietà con Colors, il prodigioso album che li ha portati alla ribalta. Nel realizzare il successore di tale capolavoro, la band del North Carolina era chiamata al difficile compito di fare un qualcosa che ne fosse all'altezza senza scadere nell'autocelebrazione e nell'autoplagio. Missione compiuta? Beh, sì e no.
The Great Misdirect non devia di un millimetro dal solco tracciato dal predecessore, tanto che si potrebbe tranquillamente parlare di un Colors parte seconda. Il che non è di per sé un male. La ricetta è ormai quella nota: una solida base math/death sulla quale si innesta senza preavviso un po' di tutto: da frasi jazz/fusion, a twin guitars degne del buon vecchio melodeath (se non del miglior power), ad aperture acustiche con voce pulita, a blastbeats fulminanti, a sorprendenti passaggi di bossanova, blues, country. Il tutto riversato in brani lunghissimi dalla struttura oltremodo complessa, e suonato con una tecnica a dir poco incredibile. Fin qui, parrebbe tutto molto folle e molto bello. Ed in effetti, anche in questo disco colpiscono la fantasia, le capacità tecniche e la competenza nel songwriting sfoggiate dalla band. Ma con qualche riserva.
In primo luogo, fa in parte difetto l'amalgama tra le varie parti. In Colors la enorme varietà di stili e temi presente nel disco era combinata in modo straordinario; qui no. L'impianto dei pezzi è solido, e quasi (con l'eccezione che dirò poi) ogni brano ha i suoi momenti degni di nota, ma le varie parti sembrano "assemblate" l'una all'altra in maniera un po' innaturale e poco armonica. L'album procede quindi a lampi, in modo episodico e discontinuo.
Poi: c'è un po' troppo autocompiacimento. Qualcuno deve aver detto ai BtBaM che sanno suonare proprio bene, e ogni tanto i nostri ne abusano. Avete presente quelle squadre di calcio che giocano "allo specchio" con infiniti tocchi leziosi a centrocampo, ma non vedono la porta? Ecco, a tratti i nostri eroi sembrano proprio far così: si lasciano "ipnotizzare" dalla loro maestria e perdono il filo della canzone. Intendiamoci, non è che questo vizio affligge la totalità dell'album; ma a volte succede, e allora l'ascoltatore è "sbattuto fuori" dal pezzo, perde la concentrazione e dice "Via, ragazzi, dateci un taglio". Ciò non è bene.
Ancora: l'ispirazione non è al massimo. Preso di per sé questo è un bel disco, ma a mio parere Alaska gli è superiore, e Colors è proprio su un altro pianeta. Benché quasi (vedi sopra) ogni pezzo sia godibile, semplicemente in The Great Misdirect non c'è niente, ma proprio niente, che possa tenere testa a un pezzo come All Bodies, o alla splendida parte centrale di Backwards Marathon, o a Informal Gluttony, o alle coinvolgenti melodie di Ants Of The Sky. E men che meno c'è qualcosa di anche lontanamente paragonabile alla miracolosa progressione degli ultimi quattro minuti di Sun Of Nothing. Niente da mascella pendula, brividi dietro la nuca e ciccia di gallina sulle braccia. Più volte ho pensato "Però, bello 'sto passaggio", ma è finita lì. Mentre, nelle canzoni summenzionate, sentivo il passaggio "incriminato", stoppavo e riascoltavo, stoppavo e riascoltavo... (continua ad lib.).
Infine: l'ultimo pezzo, l'eccezione di cui parlavo. Swim To The Moon è un brano abbastanza inutile, addirittura brutto. E' proprio la quintessenza di ciò che temo possano diventare i BtBaM: un mero contenitore per evoluzioni ultratecniche da circo equestre, arroccate attorno a un refrain melodico accattivante ma niente di più. Ok, può capitare di sbagliare una canzone. Ma 1) secondo me a loro non è mai successo a parte che nella cover di Cemetary Gates in The Anatomy Of; e 2) quando canni un pezzo di circa DICIOTTO MINUTI, si nota piuttosto bene.
La migliore del disco, paradossalmente, è forse Desert Of Song: un pezzo (relativamente) breve che di metal ha poco o niente, ma è piuttosto una ballata di sapore country che ti potresti aspettare dagli America.
Concludendo: un disco di valore, per carità; ce ne fossero di bands con la classe dei Between The Buried And Me. Ma comunque un passo indietro rispetto a Colors: la spinta che ha dato luogo alla stupefacente evoluzione di questo gruppo si è notevolmente affievolita, ed il rischio per il futuro è quello di una stagnazione, della quale The Great Misdirect contiene già le prime allarmanti avvisaglie.
