PARIGI - Quattro scheletri, appartenenti a tre ragazzi e a una ragazza, sepolti uno sull'altro, gambe incrociate e teste rivolte verso il mare, in una duna di sabbia su un impervio isolotto a largo delle coste bretoni. Nella buca poco profonda in cui sono deposti, nessuna traccia di fibre tessili o ornamenti, segno che probabilmente erano nudi al momento della sepoltura. Una scena da giallo divenuta realtà nella Francia nordorientale su cui la polizia, sollecitata dal ministro della Giustizia, è chiamata a far luce.
La storia comincia lo scorso marzo, quando una violenta tempesta colpisce l'arcipelago di Molene, nell'Atlantico francese: piogge torrenziali e forti raffiche di vento scuotono scogli, barche e case, e le onde spazzano le spiagge. Qualche giorno dopo, Soizic e David, l'unica coppia di abitanti nella piccola isola di Quemenes, notano su una duna dei detriti dissotterrati dalle mareggiate: resti umani, parti di scheletro. "Sono io che li ho trovati nella parte sud-est. Un cranio e un bacino. E ho chiamato la gendarmeria", ricorda David. Il fatto inizialmente non suscita clamore: fino agli inizi del XX secolo nella zona era normale seppellire i naufraghi restituiti dal mare nei pressi delle spiagge, e non di rado qualche cadavere senza nome era rispuntato fuori. Ma a rimescolare le carte, trasformando la pittoresca storia in un mistero, sono stati i risultati delle analisi scientifiche, resi noti nei giorni scorsi. Secondo i test dell'Istituto di ricerca criminale della gendarmeria di Rosny-sur-Bois, infatti, i corpi sarebbero stati sepolti circa 37 anni fa, con un margine di errore di cinque anni, ovvero tra il 1967 e il 1977.
Niente naufraghi, quindi. "Quarant'anni fa gli isolani avrebbero denunciato i corpi - spiega il segretario comunale Philippe Richard - era un'abitudine. E poi, ne avremmo sentito parlare". Si affollano così le ipotesi, mescolate ai ricordi dei più anziani. Come quello del campo di rieducazione per ragazzi bene finiti sulla cattiva strada, creato negli anni '50 su un isolotto vicino da un sacerdote cattolico integralista, oggi defunto. Un ''pensionato per giovani bisognosi di rieducazione fisica e morale", secondo un libro di storia locale. Una sorta di lager, invece, secondo gli abitanti della costa, che spesso si erano trovati a soccorrere ospiti fuggiti per scampare a fame e maltrattamenti. Una brutta storia, finita nel 1959 con la condanna per truffa e lesioni del prete e la sua scomunica. A Quemenes, nel periodo in cui i quattro sarebbero morti, erano invece ospitati detenuti con pene brevi e giovani in difficoltà. Tutti maschi, però. E poi c'erano i proprietari, la famiglia Tassin, rimasti sull'isola fino al 1973.
"Gli investigatori sono sospettosi - racconta Marie-Therese Tassin, che a Quemenes è cresciuta - ma io ho massima fiducia nei miei genitori. Siamo una famiglia molto conosciuta". La donna sottolinea anche alcune stranezze, che fanno pensare che il seppellitore conoscesse bene l'isola: "La terra è dappertutto pesante e pietrosa, tranne lì. E' una specie di duna. E poi è invisibile dal continente, nascosta dall'isola di Molene". Un vero giallo su cui il ministro della Giustizia, Rachida Dati, vuole sia fatta chiarezza, anche se ogni eventuale reato sarebbe ormai prescritto. "La scoperta non resterà senza conseguenze - ha dichiarato - troveremo i metodi scientifici per risalire alle cause della morte".
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