Si chiama "Sorelle d'Italia" la colonna sonora del nuovo spot di Calzedonia e utilizza - parafrasandolo all'inizio - l'Inno di Mameli. Cantato da una voce femminile, lo spot esalta lo spirito da "sorelle d'Italia".
La pubblicità sotto accusa, realizzata da Saatchi&Saatchi e diretta dal regista Luca Lucini, si apre con un risveglio sulla campagna romana e finisce con un suggestivo tramonto sui tetti della capitale. Nel video scorrono le immagini di donne che, avvolte in calze e collant, si abbandonano a momenti di svago o relax. Alla fine, una dedica: "A Italia, Vittoria, Laura e tutte le altre".
E la polemica si è accesa subito...
Il sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli, dice che piuttosto sarebbe meglio "fare pubblicità all'Inno". Più duro il commento Angelo Vaccarezza, presidente della Provincia di Savona e fervido sostenitore dell'importanza dei simboli nazionali: "Con il canto degli italiani non si gioca. E non si può nemmeno metterlo sotto i piedi. Sentirlo in un spot di calze da donna è una vergogna. Chiedo all'azienda di toglierlo". Sull'argomento è intervenuto anche Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato: "Bisognerebbe evitare di mescolare il commercio con l'Inno d'Italia, che va sempre rispettato".
Unica voce positiva quella del sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto,: "Lo spot con l'Inno di Mameli? Bellissimo". Sorpreso per la reazione dei compagni di partito, commenta: "Ci sono altre cose per cui indignarsi, non certo per l'intelligenza e la fantasia".
La difesa dell'azienda non tarda ad arrivare. In una nota, si spiega che non c'è alcun intento satirico: "Lo spot rappresenta un omaggio che Calzedonia dedica a tutte le donne attraverso un'inedita interpretazione al femminile dell'Inno - si legge nel comunicato - dove i termini Italia e Vittoria vengono fatti rivivere per la prima volta con il significato di nomi di donna. Un messaggio forte che fa appello alle infinite risorse delle donne".
Sotto il profilo giuridico, comunque lo spot è assolutamente legittimo. Lo spiega l'avvocato Guido Scorza, specializzato in copyright: "Non c'è alcuna legge che vieti di utilizzare l'inno di Mameli a scopi diversi da quelli celebrativi, né si profila violazione del diritto d'autore". Più di una volta in Parlamento sono sbarcati disegni di legge sul cerimoniale per l'esecuzione dell'inno nazionale, mai andati in porto. L'ultima proposta, in ordine di tempo, è del 22 maggio 2008, ma non è ancora iniziato l'esame. In assenza di una regolamentazione, resta comunque la querelle sull'opportunità dell'utililizzo per scopi commerciali. Secondo Scorza, "non c'è volontà vilipendiosa o satirica. È solo un colpo di teatro pubblicitario. L'inno ne esce assolutamente bene".
Personalmente quando ho visto lo spot la prima volta ho avuto subito una reazione positiva. Bella musica, immagini azzeccate, atmosfera suggestiva e coinvolgente. Non lo trovo irrispettoso nei confronti dell'Inno di Mameli anzi...trovo offensivo che il fatto che la pubblicità sia per calze da donne - come sostenuto da Vaccarezza - sia una connotazione dispregiativa per l'Inno di Mameli. E se fosse stata la pubblicità per rasoi da barba sarebbe stato diverso? Trovo intelligente e originale questa versione femminile dell'Inno Nazionale, pur trattandosi di una pubblicità per calze. Sicuramente molto più intelligente, rispettosa ed elegante di tanti (troppi) programmi televisivi che delle donne fanno vedere solo tette e culi. E preferirei che i politici si indignassero per questo...
fonte :http://www.valdelsa.net/det-cy48-it-EUR-33878-.htm
ed ecco lo spot incriminato
a me, come alla giornalista, lo spot piace...non ci trovo proprio nulla di offensivo

