MrFrag ha scritto:c'era anche un motivo preciso per gli animali scelti, solo che ora mi sfugge.... mi sfugge anche come facessero ad avere delle scimmie a roma sinceramente.
Roma era il top... Si poteva avere tutto...
Comunque:
Poena cullei
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La poena cullei (dal latino «pena del sacco») nel diritto romano criminale era la temutissima pena inflitta al soggetto che si era reso responsabile di parricidio.
Descrizione del supplizio
Immediatamente dopo la condanna, il reo veniva tradotto in carcere con soleae ligneae («zoccoli di legno») ai piedi ed un cappuccio di pelle di lupo in testa. Il parricida veniva poi frustato con virgae sanguineae («verghe colore del sangue») e quindi veniva cucito in un culleus (sacco) di cuoio impermeabile insieme ad una vipera, un cane, un gallo e una scimmia,[1] e, dopo essere stato trasportato attraverso la città su di un carro trainato da un bue nero, veniva gettato nel Tevere o in mare.
Il bestiario del parricida
Il fattore che faceva della pena del sacco forse la più particolare fra le esecuzioni dell'antichità era certamente la presenza degli animali nell'otre. Che fossero quattro e proprio quelli nelle fonti più spesso associati al supplizio poco conta: le bestie straziavano e dilaniavano il reo, che non di rado giungeva già morto nel luogo in cui sarebbe stato gettato in acqua insieme ai suoi micidiali compagni, rendendo i suoi ultimi momenti di vita particolarmente dolorosi. Ma la ragione più importante era quasi certamente di natura simbolica: le caratteristiche attribuite alla vipera, alla scimmia, al cane ed al gallo richiamavano immediatamente per gli antichi romani il carattere ed il gesto del parricida.
La vipera
Secondo Plinio, la vipera femmina partoriva una piccola vipera al giorno per un totale di circa venti: le altre quindi, spazientite dall'attesa, uscivano dal fianco della madre, uccidendola. Questa credenza popolare era molto radicata nel mondo antico, non solo a Roma, ma anche in Grecia ed il riferimento simbolico con il parricida è evidentissimo.
La scimmia
La scimmia era legata al parricida per un duplice motivo: sempre secondo Plinio, infatti, le scimmie amavano a tal punto i loro piccoli da soffocarli nel loro abbraccio. Inoltre, per la loro somiglianza con l'uomo, erano considerate la sua orripilante caricatura. Nonostante un animale come la scimmia fosse nota a Roma sin da un'epoca antica, non era certo altrettanto facilmente reperibile degli altri tre animali: ciò sta ad indicare che l'inserzione delle bestie non era affatto tassativa, né nel numero né nel tipo, ma che avveniva di volta in volta a seconda dei casi, delle possibilità e dei luoghi.
Il cane
A differenza di oggi, dove il cane generalmente è considerato un animale dotato di caratteristiche positive, prime fra tutte la sua fedeltà, nell'antichità greca e romana quest'animale godeva di una pessima fama. Secondo Giovanni Crisostomo il cane è «l'animale più vile», Virgilio definisce le cagne «oscene», Orazio lo considera un animale «immondo», Agostino «disprezzabile ed ignobile», «l'ultimo degli uomini e delle bestie»: non stupisce quindi che un animale a cui gli antichi attribuivano tali qualità venisse associato al parricida.
Il gallo
Il gallo cucito nel sacco era il cappone, il "gallo gallinaccio", che nell'antichità era considerato particolarmente feroce: «un animale talmente battagliero da terrorizzare persino i leoni» riporta Plinio. Dal punto di vista funzionale ciò giustifica la sua inclusione nel bestiario del parricida, ma dal punto di vista simbolico? La spiegazione più attendibile sarebbe la presenza contemporanea nel sacco della vipera e del gallo che, secondo Columella, uccideva le serpi. Questa doppia presenza simboleggiava una catena di uccisioni senza fine e la riproduzione nel "culleus" di quella rottura della regola fondamentale del vivere civile che il parricida aveva infranto nella città.