La storia ormai si perde negli annali, due grossi imprenditori, rivali (anche politicamente) con una carriera per entrambi non proprio limpidissima. Ma questa, è un altra storia come direbbe Lucarelli (no, non quello del Livorno)
Andiamo avanti. Anni '80:
A metà degli anni ottanta Silvio Berlusconi acquisisce quote sempre più consistenti della Mondadori, rimanendo tuttavia un socio di minoranza. Nel 1988 acquista le azioni di Leonardo Mondadori e dichiara che da quel momento in poi prenderà un ruolo di primo piano nella gestione della società editoriale. Con l'acquisto delle azioni di Leonardo Mondadori ora la Arnoldo Mondadori Editore è in mano a tre soggetti, la Fininvest di Silvio Berlusconi, la CIR di Carlo De Benedetti e la famiglia Formenton (gli eredi di Arnoldo Mondadori). Carlo De Benedetti non approva l'idea di Berlusconi di amministrare personalmente la società e corre ai ripari stipulando un'alleanza con la famiglia Formenton; in pratica De Benedetti riesce a convincere i Formenton a sostenerlo e a vendergli le azioni dell'azienda entro il 30 gennaio 1991.
Nel novembre 1989 la famiglia Formenton cambia radicalmente idea e si schiera dalla parte di Berlusconi, consentendo al magnate della Fininvest di insediarsi come nuovo presidente della compagnia il 25 gennaio 1990; De Benedetti protesta, forte dell'accordo scritto stabilito pochi mesi prima con i Formenton, ma i vari schieramenti non trovano un accordo soddisfacente per tutti e decidono quindi unanimemente di ricorrere ad un lodo arbitrale.
Cosa successe dopo?
Viene quindi organizzato l'arbitrato; chiamato a decidere c'è un collegio di tre arbitri, scelti di comune accordo da De Benedetti, i Formenton e la Corte di Cassazione. Il 20 giugno 1990 si ha il primo inequivocabile verdetto: l'accordo tra De Benedetti e i Formenton è ancora valido a tutti gli effetti, le azioni Mondadori devono tornare alla CIR. Come conseguenza immediata di questo verdetto Silvio Berlusconi lascia la presidenza di Mondadori e i suoi dirigenti Fininvest lo imitano, venendo rimpiazzati da quelli dell'ingegner De Benedetti (Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera).
Berlusconi e i Formenton tuttavia non gettano la spugna, e impugnano il lodo arbitrale davanti alla Corte di Appello di Roma, la quale stabilisce che ad occuparsi del caso sarà la I sezione civile. La I sezione civile è presieduta da Arnaldo Valente e il giudice relatore è Vittorio Metta. Il 14 gennaio del 1991 si chiude la camera di consiglio e la sentenza viene depositata e resa pubblica il 24 gennaio, cioè 10 giorni dopo la chiusura della camera di consiglio. La sentenza annulla il precedente verdetto del lodo arbitrale e consegna nuovamente le azioni della Mondadori in mano alla Fininvest di Berlusconi
Sembra tutto (più o meno) lecito. Una "guerra tra ricchi" si direbbe. Se non fosse che:
Nel 1995 in seguito ad alcune dichiarazioni di Stefania Ariosto, la magistratura cominciò ad indagare sulla genuinità della sentenza. Stefania Ariosto dichiarò che sia il giudice Arnaldo Valente che il giudice Vittorio Metta erano amici intimi di Cesare Previti e frequentavano la sua casa, inoltre la Ariosto testimoniò di aver sentito Previti parlare di tangenti a giudici romani. Il pool di giudici milanesi si mise in moto e riuscì a rintracciare dei sospetti movimenti di denaro che andavano dalla Fininvest ai conti esteri degli avvocati Fininvest e da questi al giudice Metta
Pofferbacco, e qui si riapre il processo, fino alla sentenza data qualche giorno fa secondo cui:
i giudici che presero quella decisione nel 1991 erano stati "corrotti" da Cesare Previti, legale di fiducia di Silvio Berlusconi. In base a questa sentenza, il Tribunale di Milano ha quantificato in 749,95 milioni l'entità del danno patrimoniale subito dalla Cir, il gruppo editoriale che controlla l'Espresso.
Fininvest ha già annunciato che farà ricorso, quindi siamo ancora un tintinino lontani dal mettere la parola Fine a questa faida tra ricchi che dura un "ventennio"
Intanto però un



