Ergastolo al professionista della Bologna bene. Il pm: dilapidò i milioni della sua assistita
La vittima aveva 70 anni. È stata uccisa nella sua villa. I sospetti svaniti su un badante. Spariti i file dei conti dal pc dello studio
L'ha strangolata lui, in quel giorno di luglio di due anni fa. È entrato in casa, una casa che frequentava sin da bambino. E le ha stretto le mani al collo. Fino ad ucciderla. Non è stato un raptus. Ma un omicidio pianificato. Premeditato. I giudici della corte d'Assise di Bologna, che ieri sera lo hanno condannato all'ergastolo, non hanno dubbi: Andrea Rossi, commercialista di 46 anni, famiglia benestante, sposato e padre di sei figli, cattolico convinto, ha ucciso quella mattina la signora Vitalina Balani, 70 anni, per motivi di soldi. Tanti.
Più di 2 milioni di euro. Una somma che la donna, d'accordo con il marito, aveva affidato a Rossi, di cui era amica prima ancora che cliente, perché li facesse fruttare. E invece lui, questa la tesi dell'accusa fatta propria dai giudici, quei soldi li ha dilapidati in mille rivoli e quando la Balani ne ha chiesto la restituzione, nella testa dell'uomo è scattata una sola idea: eliminarla. Rossi si è sempre ribellato all'impianto accusatorio sostenuto dal pm Elisabetta Melotti. E così i suoi avvocati, Tommaso Sorrentino e Gian Vito Califano, che parlano di «sentenza avvilente e immotivata » e si preparano al ricorso in appello. Sin dal primo interrogatorio, il commercialista ha gridato la propria verità: «Non sono un mostro. Non ho mai fatto male a una mosca. La vita è un dono: non a caso ho messo al mondo sei figli ». Ha ricordato l'amicizia con la donna: «Mi ha visto crescere ». Quasi una nonna per i suoi 6 figli: «Appena poteva, Vitalina preparava per i miei bimbi montagne di crescentine e pirofile di lasagne». Eppure ieri, quando è comparso in aula, Rossi pareva rassegnato, svuotato.
Alto quasi 2 metri, ex pallavolista, lineamenti infantili e modi garbati, quest'uomo che con il denaro non ha mai avuto un rapporto facile, ossessionato dall'antiquariato e dagli orologi d'epoca, ha ascoltato senza un tremito il presidente Leonardo Grassi che lo condannava al carcere a vita e all'isolamento diurno per 9 mesi. Immobile. Dritto come un fuso. Lontano da tutto. Ora la partita si sposta in appello. La difesa è convinta di riuscire a dimostrare che quel 14 luglio del 2006 Rossi non andò a casa della Balani. Non si incontrarono, anche se avevano un appuntamento, perché «lui se ne dimenticò ». E comunque, continua la difesa, il motivo dell'incontro «non sarebbero stati i soldi, ma, più banalmente, la restituzione di una cestina per piadine ». A vantaggio della difesa, il ritardo con il quale venne fatta l'autopsia (5 giorni dopo), lo stato del cadavere e l'incertezza sull'ora del delitto. «L'assassino va cercato altrove », è il ritornello dei legali. Ma l'unica pista presa in esame dalle indagini (un rumeno che aveva lavorato come badante nella casa e che, licenziato, aveva pronunciato frasi di minaccia verso la Balani) non ha portato a nulla. L'accusa ha giocato tutto su tre elementi. L'impossibilità del Rossi a restituire i 2 milioni. L'assenza di un alibi nelle ore in cui è avvenuto l'omicidio. La scoperta che il commercialista cancellò dal suo computer tutti i file che contenevano le transazioni finanziarie: «Lo fece — scrive l'accusa — 7 ore dopo il delitto, quando ancora nessuno sapeva dell'omicidio. Tranne l'assassino ».