Con i suoi lavori segna un episodio di surrealismo audace e rappresentativo, un’iconografia digitale dalla personalità ambigua ed equivoca che sembra voler rimandare ad un velato retroscena psichico.
In un ospedale psichiatrico per bambini dove l’artista londinese ha lavorato come fotografo,si rintraccia l’ispirazione per quella che è divenuta poi la soggettività delle sue opere.A metà tra l’umano e l’alieno queste creature sembrano discendere da un pianeta ibrido incastrato tra la terra e l’etere; indecise tra due mondi contrapposti, esibiscono i tratti di una mulatta razza lunare, come arcangeli cinici disincantati dalla tradita promessa di felicità e immortalati da un obiettivo indiscreto mentre vivono un’altra metamorfosi. In ogni evento artistico del Caesar sono ritratte come simulacro del dolore precoce; damine sorprese dall’occhio di un voyeurista nelle migliori pose della loro gelida eleganza, impavide perché già immobilizzate dalla consapevolezza del dolore umano. Questo narrano le sue opere su superfici laqués in grafica 3D, sulle quali si stagliano figure che sanno d’innocenza e candore ma anche di sofferenza e lividi. Sono bambine eteree dalle fattezze inquietanti, con cicatrici rarefatte dalla sconfitta e raffinati veleni negli occhi; fanciulle che per qualche strana coincidenza assumono forme disumane come in un Sogno entrato per sbaglio nelle stanze confuse da un Incubo.Lo spettatore davanti a queste opere resta incantato dalla classe dei soggetti: pallida pelle iridescente, impassibilità espressiva di bambole quiete che tutto esprimono fuorché serenità, costumi ottocenteschi in stoffe fusion di velluti porpora e pelli dark. Appena uscite da una fiaba capovolta ed entrate nella rivisitata età vittoriana, aprono un parodistico spettacolo burlesque con parrucche voluminose, pizzi e mascherine, vezzeggi di lolite albine narrate da un pedagogo perverso. Lungi dall’essere delle normali donne, simulacri di bellezza e proporzione, le donne di Caesar negano l’ideale apollineo di armonia ed equilibrio giungendo sula scena con cicatrici e cuciture sulla pelle e sull’esistenza, portando dissonanze di temi che s’annodano e s’allentano come nastri di raso e stringhe d’ecopelle, come il bon ton e le cibernetiche ossature, come una floreale e tenue carta da parati e la meccanica di scenografie fantasy e apocalittiche.
Fonte: Heurema Nuove Scoperte
Sito ufficiale:
http://www.raycaesar.com/




