
1. Aetheral
2. Simian Cattle
3. Orphans of Living
4. Jupiter to Ignite
5. Sovereigns Unknown
6. Skyless
7. Faith Puppeteers
8. Brimstone Landscapes
9. Oversee the Rebirth
Dal Canada, da tempo culla mondiale del miglior technical death, gli Augury si cimentano con il successore del loro debut Concealed. Quest'ultimo, pur decisamente valido, fu tuttavia più promettente che bello: vi si intuivano infatti enormi potenzialità inespresse.
E quindi l'interrogativo che attanagliava il Paese intero (beh, chi più chi meno

Boia, se ci sono riusciti! Questo disco è grandioso!

Gli Augury sfornano un quasi capolavoro di death tecnico intricato e complesso sia sotto il profilo armonico sia sotto quello ritmico, ma allo stesso tempo intessuto da melodie oltremodo suggestive, ariose parti acustiche e delicati passaggi stile fusion. Sia nelle (comunque quasi sempre melodiche) parti death sia nei passaggi più "rilassati" si intrecciano textures finissime quasi degne dei Cynic, accompagnate da un drumming complicato, con frequenti accentature sui tempi deboli e uno strepitoso lavoro di piatti, quasi jazz-oriented.
Il disco è infarcito di soli di chitarra. Ma non i soliti numeri da circo, tipo "Guarda mamma, i soldi che ti ho fatto spendere in corsi di chitarra non sono stati buttati nel cesso". Questi son belli, ma proprio belli! E ve lo dice uno che non ha mai particolarmente apprezzato i soli, anzi li ha sovente considerati delle solenni sfracanature di coglioni.
Unico piccolo neo, il growl. Bello pieno, potente, sufficientemente grezzo da offrire un piacevole contrasto con la raffinatezza delle musiche; ma forse un po' troppo monocorde per rispondere alle sollecitazioni di una musica così fluida e multiforme. Decisamente meglio la voce pulita, "sporca" e potente, che fa la sua comparsa in diversi brani.
Se avete letto fin qui, vi starete forse chiedendo: "Ma quanta roba c'è in questo disco?!". Parecchia, veramente parecchia. Ma quello che lascia stupiti è il modo in cui viene assemblata. Il "rischio-minestrone" è scongiurato da un songwriting di classe impressionante. Ogni nota, ogni growl, ogni giro di basso, ogni singolo tocco sul crash dà l'impressione di essere nella sua collocazione naturale, di DOVER necessariamente stare proprio dove lo hanno messo, lì e solo lì. Il risultato è ovviamente una sensazione di, come dire, "coralità", omogeneità e coerenza. Insomma, una goduria.
Jupiter To Ignite se ne sta circa al centro del disco, appitonata sui suoi otto minuti e rotti di circonvoluzioni. Anche senza questa canzone, lo standard del disco sarebbe elevatissimo: Aetheral, Simian Cattle, il “fugato” vocale di Brimstone Landscapes, lo splendido finale della monumentale Oversee The Rebirth bastano ed avanzano per fare un gran platter. Ma Jupiter To Ignite fa schizzare il livello dell’album alle stelle, con i suoi memorabili episodi death incardinati su un paio di frasi di sapore fusion fragili e pure come cristallo.
Forse la migliore uscita dell’anno, sicuramente la migliore in ambito technical death; secondo me, superiore persino al discone degli Obscura. E ho detto tutto.